VALLE MAIRA - Comune di Dronero
(prov. Cuneo) - Piemonte - Italia

Il Mulino della Riviera



  • L’attività della Forneria Artigiana Cavanna
  • Il Mulino della Riviera nel passato
  • Cenni storici
  • Il Mulino : Struttura e conformazione
  • Ambienti di lavoro e ciclo di trasformazione
  • Ingranaggi e tecnologie
  • Particolari architettonici
  • Il degrado
  • Il Mulino della Riviera: progetto di recupero
  • Dal territorio al mulino
  • L’attività produttiva
  • L’abitazione
  • Il percorso didattico
  • Dal mulino al territorio: attività correlate
  • Tavole


    A cura di Arch. Roberto Olivero - si ringrazia per la collaborazione:
    Forneria Artigiana Cavanna, per fotografie - Geom. D e R Aimar,
    per rilievi e fotografie - G. Frosini, per notizie storiche
    Tutto il lavoro è protetto dai diritti d'autore
    e non può essere utilizzato senza preventivo consenso.


  • Il Mulino della Riviera oggi
    Struttura e conformazione

    Il fabbricato è il risultato dell’aggregazione, in fasi costruttive successive, di più corpi di fabbrica, a ridosso del canale Comella. E’ sviluppato su due livelli fuori terra più uno seminterrato.
    La porzione più ad ovest risulta essere quella originaria (forse riadattata in epoche successive) presenta solide murature in pietrame a spacco misto a ciottoli di fiume, legati da malta povera a base di terra.
    Il solaio tra i piani e il castello di appoggio delle macine sono interamente in legno, con grosse travi ad orditura semplice e tavolato inchiodato. La struttura di copertura presenta capriate a sostegno dell’orditura principale (colmo e costane), sopra la quale sono collocati i falsi puntoni. Le soprastanti “lattes” sorreggono il manto e fungono da appoggio per il manto in losette a spacco naturale e profilo irregolare.
    Il fronte prospiciente il canale risulta sobrio e cadenzato da aperture disposte su due livelli a ritmo piuttosto costante, soprattutto nella porzione corrispondente agli ambienti di lavoro. E’ prevalentemente trattato ad intonaco tradizionale di colorazione bruna.
    La porzione più recente, posta ad est, presente pilastri e setti in muratura portante di laterizio, tamponamenti con travature inglobate in muratura, e solai misti in legno e pietrame. Le differenti tecniche costruttive indicano chiaramente la realizzazione in fasi successive. Qui sono presenti due aree porticate, a sostegno di volumi sospesi; il portico principale presenta un pilastro quadrato in laterizio ed è pavimentato con lastricato in pietra riquadrata. Qui è presente l’ingresso agli ambienti di lavorazione, che avviene attraverso un solido portone in legno e la discesa di alcuni gradini, fino a raggiungere la quota di pavimento lievemente ribassata.


    Gli ambienti di lavoro e il ciclo di trasformazione

    Lo spazio di lavoro corrisponde all’ambiente più ampio del fabbricato ed è organizzato secondo uno schema razionale ed efficace, ove all’interno trovano posto numerosi meccanismi e attrezzature legati alla catena di trasformazione del prodotto.
    Sono presenti quattro coppie di macine disposte in sequenza sul castello in legno: due erano adibite alla macinazione del grano, altre due del mais. Tramite un sollevatore a tazze posizionato in corrispondenza dell’ingresso, i cereali venivano trasportati al piano superiore, ove subivano una prima selezione che eliminava le impurità mediante getto d’aria. Tramite una coclea sospesa alle capriate del tetto avveniva il trasporto in particolari imbuti di carico, che convogliavano nuovamente i cereali al piano inferiore, in corrispondenza delle macine.
    Qui venivano raccolti nelle tramoggie posizionate al di sopra dei coperchi di chiusura, e da esse confluivano tra i palmenti: quello inferiore (fisso e ancorato sul castello in legno) e quello superiore (rotante e direttamente collegato con i sistemi meccanici e idraulici).
    I palmenti, ovvero le pietre cilindriche, necessitavano di continua manutenzione, poiché l’usura del lavoro di macinatura comprometteva rendimento e qualità. A tale scopo sono presenti paranchi di sollevamento delle pesanti pietre, vincolati al muro; una volta sollevata e disassata, la pietra superiore veniva scalpellata con cura fino al ripristino della corretta planarità, rugosità e geometria di scalanature. Per eseguire tale procedimento il mugnaio utilizzava attrezzi vari, come scalpelli, martelli, bulini, la cui manutenzione era eseguita mediante una mola a smeriglio, disposta in corrispondenza di una delle aperture.
    Una volta espletata la macinazione, il prodotto fuoriusciva dal perimetro delle macine e veniva raccolto nelle sottostanti madie (particolari contenitori di legno). Da qui, una coclea di legno lo trasportava ad un secondo sollevatore verticale, tramite il quale la farina raggiungeva nuovamente il piano superiore e convogliata verso il buratto. Tale contenitore (una grossa cassa in legno, sospesa al muro e munita nella parte bassa di imbuti di uscita) contiene al suo interno un cilindro rotante con filtri di seta, in grado di selezionare il prodotto a seconda della finezza del macinato (dalla farina più fine alla crusca più grossolana).


    Ingranaggi e tecnologie

    Cuore tecnologico del manufatto è il sistema di ingranaggi che trasferiscono il moto generato dalle ruote idrauliche fino alle pietre di macinazione.
    All’esterno, l’acqua è imbrigliata mediante un sistema di chiuse a paratoia verticale, azionate da viti senza fine. Parte dell’acqua del canale Comella scivola a valle, mentre l’altra è introdotta nel canale in legno soprastante le due ruote idrauliche. A seconda della necessità di azionare una ruota piuttosto che l’altra, attraverso un deviatore di flusso azionato meccanicamente dall’interno del fabbricato stesso mediante leve, si convoglia l’acqua sulle ruote, secondo uno schema “a cascata”. Le ruote idrauliche, disposte in sequenza a distanza differente dal fabbricato, sono costituite da una struttura in metallo: palette curve racchiuse da corone circolari, solidali con l’albero mediante razze. La struttura è sospesa a due cavalletti, anch’essi in metallo, e la rotazione non avviene su cuscinetti ma su pattini.
    Ogni ruota idraulica è collegata a due coppie di macine. Dall’albero orizzontale, il moto viene trasformato in verticale tramite ingranaggi conici: questi risultano muniti di denti e pioli in legno di melo, capaci di fornire la corretta aderenza tra gli ingranaggi e una rotazione meno brusca.
    Gli alberi verticali sono poi collegati alle macine superiori mediante incastri a farfalla.
    Il sistema di ingranaggi è ospitato al di sotto del castello in legno, in un locale tecnico seminterrato, dal quale è possibile effettuare la manutenzione del sistema.
    Dal portico di ingresso, dal quale è inoltre possibile accedere ad un locale deposito, una semplice scala con gradini in pietra porta al piano superiore; qui è presente un ampio locale, corrispondente al sottostante locale di lavorazione, destinato ad ospitare i canali di trasporto del prodotto e adibito a locale di stoccaggio e magazzino.
    Dalla parte opposta si sviluppa l’abitazione del mugnaio, che va ad interessare i locali sospesi sopra i due portici. La manica del fabbricato si assottiglia, l’edilizia risulta meno curata, le altezze e le quote del tetto si ridimensionano, ma il fabbricato non perde la stretta relazione che in tutto il suo sviluppo ha con il canale e l’acqua.


    Particolari architettonici

    Dalla forma compatta e semplice, con tetto a capanna, della porzione originaria, si perviene ad una più complessa articolazione degli spazi nella porzione più recente.
    Il muro di sostegno sul canale Comella è costituito da muratura in pietrame con prevalenza di ciottoli direttamente prelevati dal greto del Maira (principale fonte di materiale per il cantiere). I ciottoli sono legati da malta a base della cosiddetta “calce selvatica”, ovvero una calce realizzata mediante cottura di calcari impuri, all’interno di particolari forni circolari a fossa seminterrati: una calce di produzione locale che veniva addizionata ad elementi terrosi per realizzarne la malta.
    Una apertura con voltino in laterizio, tamponata in epoca successiva, e visibile nel citato muro in pietrame lato canale, testimonia la presenza di un locale seminterrato, successivamente occluso in concomitanza con l’espansione. Poteva trattarsi di qualche crottino o di un locale di accesso alla parte seminterrata del mulino.
    Se i serramenti in legno delle aperture della porzione più ampia riportano il tradizionale disegno a sei riquadri e sono muniti di scuri, le aperture della porzione più recente riportano ancora, sopra il tipico intonaco bruno, le cornici in calce bianca: esse avevano funzione di segnalare la porzione “civile” del fabbricato rurale e allo stesso tempo di incrementare la luminosità e l’igiene in prossimità dell’apertura.
    Nei volumi edificati più recentemente (porzione est) prevale l’impiego di laterizio pieno, in murature e pilastri, e di strutture miste in legno e pietra per gli orizzontamenti; questo ultimo sistema misto, spesso presente anche in edifici di alta quota, risulta quello più adottato durante il Settecento, e l’Ottocento, in particolare per la realizzazione di ampliamenti ed espansioni divenute necessarie, poiché di più immediata realizzazione. In questo caso, l’ampliamento segue alla rinnovata esigenza di spazi più flessibili, che non sempre si identificano con locali chiusi, e quindi assumono forma di spazi tipici dell’abitazione rurale (portici e anditi coperti).
    Il portico principale è lastricato con pavimento in pietra, ad elementi di dimensioni piuttosto regolari. Le travi di sostegno della camera sospesa presentano le tipiche scalanature lineari incise in corrispondenza degli spigoli; decorazioni che si riscontrano già in alcuni edifici tardo medioevali della valle e in epoche successive in altre abitazioni, e che testimoniano il rigore e la povertà decorativi dell’edilizia locale.
    La copertura assume forma di padiglione in corrispondenza del portico principale, per poi ritornare a capanna sopra l’ultimo volume, generando un insieme piuttosto complesso. Il padiglione, diffuso nelle cascine della pianura, era prevalentemente adottato per proteggere uno dei lati minori dell’edificio dai venti freddi dominanti. Solo più tardi diviene un elemento di coronamento del fabbricato.
    Il portico secondario presenta ancora tracce di tamponamenti in legno, con struttura costituita da assito inchiodato su montanti: un sistema spesso utilizzato per fienili ed essiccatoi in cascine e baite, e che lascia trapelare la vocazione agricola del manufatto.


    Il degrado

    L’analisi del degrado e dello stato di conservazione dell’immobile si configura come strumento di conoscenza fondamentale al fine di un corretto recupero.
    I principali agenti del degrado sono di carattere fisico, meccanico e chimico. I primi sono da riscontrarsi nell’azione diretta e indiretta degli agenti atmosferici. Il gelo e disgelo, i carichi nevosi, il dilavamento diretto delle superfici esposte, l’azione continua dell’acqua del canale Comella. In particolare quest’ultima, oltre ad una azione di abrasione diretta è causa di una forte risalita capillare di umidità lungo la muratura.
    Ad esse si uniscono le azioni di polveri di lavorazione, depositi, vegetazione infestante, prodotti biologici.
    Tra le fonti di degrado, va citata anche l’azione antropica, intesa sia come mancanza di manutenzione protratta nel tempo e quindi come “abbandono”, sia come azioni di inserimento di superfetazioni e costruzioni incoerenti.
    Alla luce di ciò, il degrado si può riscontrare in numerose componenti dell’edificio. In particolare la copertura presenta un manto in lose piuttosto frammentato e discontinuo e un’orditura inflessa e lesionata.
    Sulle murature perimetrali appaiono alcune lesioni o porzioni mancanti, specialmente negli spigoli e in corrispondenza delle discontinuità murarie. Il materiale maggiormente degradato pare essere il laterizio, lasciato scoperto dall’intonaco a sua volta consunto, che spesso risulta sfarinato e deteriorato nei pilastri e nei setti portanti.
    L’intonaco, realizzato a base di inerti terrosi locali, risulta in più punti decoeso e addirittura mancante, fino a scoprire il paramento murario sottostante.
    Anche le strutture in legno, quali infissi, superfici di tamponamento e canale di adduzione dell’acqua recano segni di degrado e incuria, provocati dalla cessazione dell’attività.

  • Continuazione
  • A cura di Arch. Roberto Olivero - si ringrazia per la collaborazione:
    Forneria Artigiana Cavanna, per fotografie - Geom. D e R Aimar,
    per rilievi e fotografie - G. Frosini, per notizie storiche
    Tutto il lavoro è protetto dai diritti d'autore
    e non può essere utilizzato senza preventivo consenso.


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