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Personaggi di Vallata : :

Alberto Burzio
Giornalista-Scrittore

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Personaggi di Vallata

Alberto Burzio
(Barba Bertu)

Giornalista-Scrittore

ALBERTO BURZIO, IL GIORNALISTA-SCRITTORE
CHE AMA LE PERSONE SEMPLICI

Frassino - Valle Varaita
Telefono : (+39) 0175 976102
Cell (+39) 347 5825566

Continua la pubblicazione di alcune "Storie di vita", raccolte da Alberto Burzio negli ultimi 30 anni.
  • 24 - MICHELE CHIAPELLO, aggrappato al camion, nella steppa russa - L’intervista è del 2013.

    MICHELE CHIAPELLO, - aggrappato al camion, nella steppa russa
    Michele Chiapello, nato a Montemale il 18 settembre 1920, vive a Foglienzane di Roccabruna con la moglie Pierina Bertolotti, classe 1926. Si sono sposati il 23 febbraio 1946 e il loro matrimonio dura da una vita: “Il segreto per far durare i matrimoni? E’ quello di avere tanta pazienza!” sorridono entrambi. Michele Chiapello ha la memoria nitida e le tragedie e gli orrori delle guerre alle spalle.

    TANTE GUERRE
    Signor Michele, che ricordi ha della guerra?
    “Stavo facendo il militare quando è iniziata la guerra con la Francia, nel 1940. Da Acceglio siamo saliti al “Soutron” per scendere a Larche. I francesi ci hanno accolti sparandoci addosso, ma per fortuna quella guerra è durata solamente quattro giorni”.
    E la guerra d’Albania?
    “In autunno, in treno, abbiamo raggiunto Bari, per imbarcarci verso l’Albania. Sono restato a terra con una trentina di compagni, perché non c’era più posto: ma è stata la mia fortuna, perché quella nave è poi affondata. In Albania ci sono arrivato più tardi, era già inverno, faceva freddo ed il primo nemico è stato il fango. Ma poi ci hanno fatti rientrare in Italia”.

    SALVO PER MIRACOLO
    Che ricordi ha della campagna di Russia?
    “Quella è stata davvero una tragedia e posso dire che io sono salvo per miracolo! Il viaggio in treno è stato molto lungo, quando scendiamo a Rossosh io ho il compito di portare il cibo ai soldati in prima linea. Prepariamo la legna, in vista dell’inverno che ormai si avvicina. Ogni volta che partiamo, con noi ci sono una trentina di muli: il magazzino di Rossosh è enorme e pieno di viveri, le mucche da macellare arrivavano vive dall’Italia. Arriva l’inverno e sorprende i muli, che scivolano sul ghiaccio e cadono. Nella notte del 15 gennaio, arrivano i carri armati russi e noi siamo accerchiati. E’ un fuggi fuggi generale, tanti i morti e i feriti e tanti i miei compagni che restano congelati per il grande freddo”.
    E poi?
    “Il 17 gennaio arriva un nostro reparto, ancora abbastanza organizzato, ma ci requisiscono il camion. Dobbiamo proseguire a piedi. Passa un camion, non si ferma e con la forza della disperazione mi aggrappo alle sponde del mezzo, restando sospeso nel vuoto per un bel po’… nessuno mi aiuta! Poi riesco, con la testa in giù, a scivolare all’interno e finalmente qualcuno mi dà una mano e mi salvo. Ad un comando tappa tedesco ci fermano, ci fanno scendere e io tengo di vista il soldato che guida il camion. Un nuovo attacco russo e ci dobbiamo sparpagliare, e mi ritrovo solo nella steppa russa. Cammino dal 18 gennaio al 20 febbraio. Non sento nemmeno più la fame, la sete è tanta e mangio la neve. Cammino con una coperta addosso e i contadini russi a volte mi danno qualche patata da mangiare”.

    PIEDI CONGELATI
    I suoi piedi come stavano?
    “Congelati per il freddo, così finisco all’Ospedale di Leopoli, dove non hanno però più posto e così siamo destinati a rientrare in Italia. Il 28 febbraio siamo a Udine e respiriamo l’aria di casa nostra, in treno finiamo a Lavagna, dove io resto ricoverato per quattro mesi, per una forma di tifo intestinale. Avevo una febbre altissima e mi amministrano il sacramento dell’unzione degli infermi, mi danno la comunione ma sono così debole che non riesco a deglutire l’ostia. Dopo 21 giorni, la febbre inizia a scendere, ma io sono debolissimo. Mio padre viene a trovarmi con due tome e parla con il medico, che gli dice: “Suo figlio è un morto resuscitato, guarirà se non mangia, se invece mangia morirà”.

    E DUE “TOME”
    E suo padre?
    “Riparte per la Valle Maira con il treno, che viene bombardato. Sono molto preoccupato, e non penso ai miei mali. Mangio una toma, e mi addormento. Il giorno dopo non ho male, e mangio anche il secondo formaggio. Quando mi mandano a casa, mi danno ancora quattro mesi di convalescenza: finiva il 10 settembre 1943, due giorni dopo lo sfascio. Io non mi presento più in caserma, resto nella mia borgata, a Piatta Soprana di Montemale, ma neanche lì mi sento al sicuro”.

    E CASTAGNE
    E allora cosa ha fatto?
    “Mi iscrivo al gruppo partigiano di Valgrana e partecipo anche a qualche azione, ma cerco di starmene il più in disparte possibile. In una situazione del genere, molto difficile, la prudenza è d’obbligo!”.
    Cosa pensa della guerra?
    “Io credo che la guerra è la cosa più brutta che ci sia e non si dovrebbe mai fare, ma purtroppo nel mondo anche oggi si combattono troppi conflitti”.
    E la vita?
    “Per noi, è stata difficile. Pochi soldi e le guerre, Pierina andava sovente a raccogliere le castagne, una buona fonte di reddito per noi, che lavoravamo la terra. Oggi abbiamo la pensione, siamo fortunati che non dobbiamo più lavorare, e in famiglia tutti ci vogliono bene”.
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  • Bed & Breakfast Barba Bertu

    Alberto Burzio - Giornalista-Scrittore
    Bed & Breakfast Barba Bertu di Alberto Burzio
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    Tel. (+39) 0175 976102 - Cell (+39) 347 5825566
    E.Mail : info@barbabertu.com - Sito : www.barbabertu.com



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