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Alberto Burzio
Giornalista-Scrittore

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Personaggi di Vallata

Alberto Burzio
(Barba Bertu)

Giornalista-Scrittore

ALBERTO BURZIO, IL GIORNALISTA-SCRITTORE
CHE AMA LE PERSONE SEMPLICI

Frassino - Valle Varaita
Telefono : (+39) 0175 976102
Cell (+39) 347 5825566

Continua la pubblicazione di alcune "Storie di vita", raccolte da Alberto Burzio negli ultimi 30 anni.
L’INTERVISTA A SILVIO PERON E’ DEL MARZO 1999

  • 14 - SILVIO PERON, musicista per passione

    SILVIO PERON - musicista per passione

    È nato a Cuneo il 9 agosto 1962, è sposato con Marisa Dogliotti dalla quale ha avuto una bella bambina, vive attualmente in una casa tra i boschi di Robilante, è ormai un musicista affermato, che non ha bisogno di molte presentazioni nel mondo della musica tradizionale occitana: in poche righe, ecco la carta d’identità di Silvio Peron.
    Da due anni, Silvio Peron – il cui cognome evidenzia le origini venete, pur essendo lui nato a Cuneo («Mio nonno aveva lavorato per costruire il ponte nuovo, mio padre è tornato a Padova, per poi fare ritorno a Cuneo con mia madre») – fa il musicista a tempo pieno.
    Per una dozzina d’anni, Silvio ha lavorato in una ditta appaltatrice della pulizia sui treni: poi la sua grandissima passione ha preso il sopravvento.

    LA MUSICA IN FAMIGLIA
    «La musica – racconta Silvio Peron – io l’ho sempre intesa come un hobby, come una grande passione… ed oggi non mi pare possibile e vero che sia diventata la mia principale occupazione.
    In famiglia, mio padre suonava la fisarmonica e dirigeva un coro e io sono cresciuto in quest’ambiente, la musica mi piaceva sin da quando ero bambino… ricordo che in tutti gli appuntamenti famigliari, si cantava con i miei zii, con mia nonna, con mio padre e mia madre: a casa nostra, c’era molto il senso del canto popolare. Ogni momento di festa era allietato dal canto e dalla musica, e così la musica mi è entrata nel sangue».
    L’incontro con la musica occitana, quando è avvenuto?
    «Io avevo 18 anni, studiavo da ragioniere, un mio amico appassionato di musica folk mi fece ascoltare dei dischi di musica popolare francese, e mi piacquero; poi, io ho iniziato ad ascoltare delle registrazioni di Beppe e Severin, due notissimi musicisti di fisarmonica e clarinetto di Vernante: e devo dire che quelle “curente” e quei “balet” mi affascinavano… di lì in avanti, ho iniziato a andare in giro alle feste nelle valli, anche in Valle Varaita.
    Quando avevo 18-19 anni, mia sorella studiava la fisarmonica e io – per scherzo – facevo qualche esercizio, “tirando fuori” le prime “curente”, pur non sapendo leggere le note».

    SENSAZIONI UNICHE
    Cosa rappresenta per Silvio Peron la musica occitana?
    «Ho trovato nella musica tradizionale una vitalità particolare: è una musica che, proprio perché vissuta dal popolo, regala delle particolari sensazioni…
    Nella musica occitana, ho ritrovato le mie origini popolari e nel ballo ho percepito un qualcosa che poteva darmi molto, nel profondo delle emozioni, delle sensazioni… che io adesso cerco di trasmettere agli altri suonando».

    SUONARE ALLA BAIO DI SAMPEYRE
    Silvio Peron dal 1987 è uno dei suonatori più richiesti della “Baìo”, la splendida festa di Sampeyre che si tramanda da mille anni… e a Rore, giustamente, non se lo lasciano scappare!
    «Suonare alla “Baìo”? per certi aspetti, è sicuramente l’esperienza più bella che ho vissuto come musicista. La “Baìo” è una festa che ti regala emozioni indescrivibili e uniche, nei suoi riti – al di là della musica – è posto al centro l’uomo, nella sua essenza. Quando si suona nel cuore della notte, ci sono dei momenti quasi di “trance”: momenti in cui ti estranei da tutto e vivi delle sensazioni molto particolari, in un ambiente che “si carica” sempre di più: l’euforia che si vive in certi momenti delle danze non si riesce a descrivere con le parole…
    Io ho vissuto dei momenti di simbiosi con i ballerini, e vedendo ballare i più bravi si capisce come sia una cosa davvero completa la musica tradizionale: non sei tu suonatore da solo, ma tu che suoni con gli altri che danzano, e ti danno gli stimoli, degli spunti che ti servono poi per il “gheddu”…».
    Interrompiamo Silvio: il “gheddu” cosa è, per i profani?
    «Il “gheddu” è difficile da spiegare, diciamo che si potrebbe definire come l’interpretazione ritmico-melodica che si può dare ad un brano».
    Silvio Peron insegna attualmente all’Istituto musicale San Dalmazzo a suonare l’organetto – dopo quattro mesi di sperimentazione è stato inserito a pieno titolo tra gli altri strumenti- e tiene corsi (per giovani e adulti) a Limone e Robilante.
    Per chi non lo sapesse, l’organetto è la fisarmonica diatonica che, rispetto alla fisarmonica cromatica, emette suoni diversi aprendo e chiudendo il mantice.
    Insegnare a suonare, che soddisfazioni dà?
    «Io insegno ad allievi di tutte le età: il più giovane allievo è un bambino di 7 anni (che frequenta il corso che sto tenendo in biblioteca a Robilante), il più vecchio? Beh, c’è gente che è già in pensione!
    La soddisfazione più grande è quella di riuscire a trasmettere la passione per la musica, la vera soddisfazione la si prova quando si riesce a far capire una certa interpretazione dei brani… Io quando insegno, spiego molto, e cerco sempre di far capire il contesto in cui la musica è inserita, le danze sono una delle espressioni della cultura occitana… La musica non è una cosa a sé, e per suonarla bene, con il “gheddu giusto”, bisogna essere consapevoli di questo.

    L’IMPORTANZA DELLE RADICI
    In Valle Vermenagna mi trovo benissimo – confessa Silvio – questa è la valle dove la musica occitana è più viva, ci sono molti giovani, la tradizione musicale è molto ricca: qui, dalle feste patronali a quelle dei coscritti, tutti i fine settimana da maggio a ottobre, ci sono feste stupende, dove la gente si scatena a ballare “curente” e “balet”: ballano tutti, i bambini e i nonni! Ci sono due tipi di danze, in diverse versioni, qui la musica è molto viva, ancora! In Valle Varaita, a esempio, ci sono 24 tipi di danze occitane, ma la gente ha molte meno occasioni di ballarle».
    Nella musica occitana di oggi, ci sono in pratica due filoni: quello di una riproposta che rispetta certe regole e certi canoni, ma anche quello (che ha molto successo) di musicisti alla Sergio Berardo, che propongono il rock-occitano… e allora?
    Silvio Peron sorride: «La mia scelta io l’ho fatta, ed è chiara. La “versione folk-rock” della musica occitana non mi trova d’accordo: perché vedo in questa operazione soprattutto una omologazione ai mass media (che hanno un potere incredibile) e ti impongono certe cose… io lo so bene che al 90 per cento dei giovani (che hanno però il cervello imbottito da quanto sentono alla radio e vedono in televisione) piace, ma non si passi questa operazione come nata dalle gente delle valli! Si tratta, a mio avviso, di una vera e propria colonizzazione culturale. Io invece sono per forme evolutive della musica occitana, non sono contrario alle innovazioni, anche con nuovi strumenti, ma fatti con lo spirito giusto: e soprattutto facendo sempre costante riferimento alle proprie radici, senza le quali non si può andare da nessuna parte e, si fanno solo operazioni commerciali».

    GRANDI DOLORI
    Nella famiglia di Silvio Peron, non è mancato il dolore. Il padre di Silvio morto lo scorso settembre, era gravemente malato…
    «Mio padre si è ammalato quando io ero un bambino. La diagnosi gli venne fatta quando aveva 27 anni, ed era terribile: sclerosi multipla, a placche, una malattia che non dà scampo.
    Mio padre Ermenegildo faceva il rappresentante della “Barilla” ed una volta, a Brossasco, cadde attraversando la strada, facendosi quasi travolgere da un’auto: erano le prime avvisaglie della malattia».
    Silvio confessa la sua grande difficoltà nell’accettare, da bambino, la malattia: «Davvero non riuscivo ad essere sereno, e non capivo perché mio papà doveva essere ammalato, e i miei amici avevano i genitori sani… poi, con il passare degli anni, in famiglia siamo riusciti ad accettare la grave malattia, ed abbiamo imparato a convivere con essa».
    Il modo con il quale la famiglia di Silvio Peron ha affrontato questa durissima prova (durata 37 anni) è, anche a detta di diversi medici, stato eccezionale: ed ha allungato, e di parecchio, l’esistenza di suo padre…
    «Noi, mio padre, in casa, l’abbiamo sempre trattato da persona normale, mai da ammalato! Io – racconta Silvio – riuscivo persino a litigare con lui, ed è tutto detto! Il peggioramento della malattia è stato lento, ma progressivo: prima le cadute; poi, il bastone; poi, dopo dieci anni, mio padre ha perso l’uso delle gambe ed è finito sulla carrozzella, dopodiché la malattia è sempre peggiorata: mio padre, alla fine, muoveva solo più la testa.
    Ed aveva anche grosse difficoltà a parlare, perché la sclerosi ti atrofizza i diversi organi, le diverse parti del corpo».
    Voi, come famiglia, non vi siete mai abbattuti e vostro padre non l’avete mai abbandonato…
    «Chi ci ha conosciuti, lo sa che noi siamo cresciuti e abbiamo dovuto convivere con la sclerosi multipla, che è nata con noi ed è cresciuta con me e mia sorella e mia madre… Forse abbiamo avuto più tempo per riflettere, per accettare la prova, riuscendo anche a sdrammatizzare la situazione.
    Mio padre ha tenuto sempre il suo posto in famiglia, nonostante la malattia: non si è mai pianto addosso, ha sempre cercato di reagire. Nel suo dramma, tutto sommato è riuscito a vivere una vita abbastanza normale, e questo soprattutto grazie a mia madre, che non l’ha mai abbandonato al suo difficile destino.
    Ha continuato a lavorare fino alla pensione, non si è mai arreso.
    Negli ultimi anni, abbiamo conosciuto l’Aism (Associazione italiana sclerosi multipla), che ha una sede a Cuneo, e i cui obiettori sono stati importanti e preziosi nel permettere a mio madre di “rifiatare” ogni tanto nell’assistenza continua e quotidiana a mio padre malato.
    La più grande lezione ce l’ha data comunque nostra madre, davvero, nella sua grande generosità e nelle prove d’amore quotidiane: i medici ci hanno detto, più volte che “la medicina, in casi come questi, fa quello che può; quello che può fare di più, è la famiglia”.
    Noi siamo venuti a conoscenza di alcuni casi di malati di sclerosi finiti in istituti e morti dopo poco tempo».
    L’esperienza del dolore cosa vi ha insegnato?
    «Tante cose. Io oggi riesco a capire di più il dolore degli altri; penso mi abbia costretto a maturare prima dei miei coetanei; oggi credo di riuscire ad affrontare, anche abbastanza bene, le avversità e le prove della vita. Io ho letto l’articolo (e sono restato colpito) dall’esperienza di vita dell’avvocato Dario Ghione di Saluzzo: sono d’accordo con lui che la vita, comunque, è bella e vale la pena di essere vissuta. Ma vorrei far notare anche l’atteggiamento di mia madre, davvero eccezionale, che ha sempre affrontato la vita (e continua a farlo) con battute e voglia di scherzare: e che ci ha insegnato, e ci insegna, che la vita va affrontata nel migliore dei modi, anche quando ci sono dei grossi problemi».
    Quale consiglio a chi è in difficoltà?
    «Bisogna reagire, perché – al di là dei problemi – la vita può regalare soddisfazioni e momenti di felicità.
    Io sono credente: e penso che la sofferenza di mio padre ha avuto un senso, rispetto a un qualcosa che c’è dopo…
    Mio padre ci ha insegnato tanto, io credo che lui oggi è già stato ripagato per la grave malattia: e sarà ricompensato, come lo sarà mia madre, che si è sacrificata tantissimo per lui».
    A Silvio, l’augurio di conservare la semplicità e genuinità di oggi e di non montarsi, mai e poi mai, la testa, per i successi che continueranno ad avvivare ad allietare la sua vita di musicista innamorato della gente e della cultura delle nostre montagne.

    L’INTERVISTA A SILVIO PERON E’ DEL MARZO 1999

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