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ECOMUSEO : La Carbonaia

La dura vita del carbonaio...

L'ultimo dei mestieri
Gli aspetti di cultura materiale di queste valli povere si esemplificano perfettamente nella dura vita del carbonaio, costretto a dormire all'addiaccio anche per venti giorni consecutivi quando si costruivano le carbonaie più grandi, che richiedevano un controllo continuo giorno e notte.
Per noi è difficile immaginare che tipo di vita fosse dormire all'aperto, coperti in caso di pioggia da un semplice lenzuolo di tela di canapa o nella migliore delle ipotesi, riparati in un'angusta caverna naturale. Poi, a lavoro ultimato, il difficile e faticoso trasporto a valle, con il solo aiuto delle proprie gambe e della gerla. Si comprendono così la grande conoscenza e cultura della natura che avevano queste persone, avvezze a trascorrere giornate intere nei boschi, in totale solitudine e silenzio: la capacità di riconoscere le varie essenze forestali presenti, più o meno adatte alla produzione di carbone di legna.
I carbonai sapevano compiere l'alchimia del legno che si trasforma in carbone governando il fuoco per giorni e notti interminabili. Qui, sulle montagne del Talucco, il lavoro del carbonaio, essendo per lo più complemento economico all'attività agricola e pastorale e non un mestiere praticato assiduamente, era facilitato dalla vicinanza delle case di residenza dalle quali, quotidianamente, ricevevano i viveri o il cambio per qualche ora di riposo.
Fra tutte le forze oscure presenti nelle notti dei carbonai, la più ricorrente e temuta era sicuramente quella del diavolo che, dalle viscere della terra, poteva facilmente accedere al piccolo inferno della carbonaia per compiere malefici, primo fra tutti quello di rovinare la combustione in corso. Perciò, prima di cominciare il lavoro, era consuetudine consolidata in tutto il mondo dei carbonai richiedere la benevola protezione del Signore, recitando una preghiera ed interponendo sulla strada del diavolo una rustica croce fatta di due legnetti. Sotterrata a pochi centimetri di profondità, proprio al centro della carbonaia, questa, a conferma della buona riuscita del lavoro, doveva poi essere ritrovata intatta.
Giunti sul posto del taglio, i carbonai, dovendo restare nel bosco per molte settimane, come prima cosa dovevano pensare a costruirsi una dimora. Una struttura spartana, funzionale per quanto bastava, ma assolutamente insufficiente per quanto riguarda le condizioni igieniche nelle quali i carbonai dovevano poi vivere. Qui al Talucco, essendo i boschi prossimi alle case e l'attività limitata, non era necessario provvedere a tanto ma, comunque, si doveva pensare ad allestire un qualche riparo per la notte ed in caso di pioggia. Si doveva, quindi, preparare la piazzola per carbonaia.
Localizzato il posto, bisognava spianarlo, magari erigere un muro di contenimento con le pietre rimosse, preparare la terra adeguata per poi ricoprire la carbonaia, terra che molte volte veniva prelevata trasportata da altre piazzole.
Concluse queste operazioni preliminari si cominciava allora ad erigere il castelletto, il cuore della carbonaia. Di preferenza i carbonai del Talucco lo facevano utilizzando dei pezzi preparati su misura che, sovrapposti trasversalmente a due a due ad una distanza di 30 cm. l'uno dall'altro, venivano a formare una torretta, vuota all'interno; attorno alla torretta erano disposti dei legni corti con la parte più grossa appoggiata sul terreno in modo che la base della catasta prendesse subito ad allargarsi, rispetto al castelletto con compattezza e stabilità.
Il mestiere del carbonaio era duro, faticoso e richiedeva grande perizia abbinata a molta pazienza. La carbonaia appare come un grosso cumulo di legna, foglie, erbacce e terra, ma in realtà è un manufatto complesso, da costruire a regola d'arte senza libri da studiare nè disegni da guardare; è un manufatto che alla fine del procedimento di combustione con poca aria, darà il carbone di legna.
Che i"Charbounii" del Talucco fossero dei veri maestri in questa attività, è testimoniato dal fatto che andavano addirittura in Provenza ad esercitare il loro "mestiere". E' documentato il fatto che ancora pochi decenni or sono operassero nel Dipartimento del Var (Tolone), carbonai stagionali provenienti da Talucco Alto, dal vicino Gran Dubbione e dalla borgata Ravera di Cumiana. Tale attività sviluppata su queste nostre montagne già in tempi remoti, ha sfruttato una risorsa largamente disponibile, cioè i boschi di faggio ed altre essenze governati a ceduo, rifornendo di combustibile essenziale famiglie, ristoranti, stirerie, artigiani della pianura, sino all'avvento dell'elettricità, del gas, e delle altre fonti di energia dei nostri giorni. Una vera attività economica che serviva ad integrare il magro reddito dell'agricoltura di montagna esportando verso il "Mondo", la pianura, sacchi di modesto "oro nero".
Collocazione dell'Ecomuseo
Situato tra i Comuni di Pinerolo, Roletto e Frossasco, nel territorio della Comunità Montana Pinerolese Pedemontano, l'Ecomuseo della Carbonaia è un percorso che si snoda lungo un sentiero che partendo dal Talucco di Pinerolo raggiunge il Colle del Ciardonnet e si conclude nei pressi del Rifugio Melano, ai piedi della storica palestra di arrampicata di Rocca Sbarua, nel comune di Frossasco.
La zona è ricchissima di tracce della passata attività di produzione di carbone di legna; moltissime, infatti, sono le piazzole circolari che si possono incontrare un po' ovunque passeggiando in questi boschi, anche nei luoghi più remoti ed impervi; segno appunto che questa attività ricopriva un'importanza fondamentale nella povera economia delle valli del pinerolese.
L'Ecomuseo si propone, attraverso le tappe della prima parte del percorso, di mostrare come praticamente si costruiva una carbonaia: l'accatastamento della legna - il sistema usato per accatastare la legna - i camini di tiraggio - il sistema ed i materiali usati per la copertura della carbonaia, con un cammino che, idealmente, con il procedere del percorso procede anche nella costruzione pratica della carbonaia, fino a trovarla completata e fumante.
Nella seconda parte del percorso ci si prefigge, con l'osservazione del territorio e con l'uso di bacheche ed espositori, di sviluppare i vari temi conduttori dell'itinerario museale.
Tratto da una pubblicazione dalla Comunità Montana "Pinerolese Pedemontano"



La Comunità Montana "Pinerolese Pedemontano" comprende: l'intero territorio di Cantalupa, Frossasco, Prarostino, Roletto, San Pietro Val Lemma, San Secondo di Pinerolo, e il territorio montano di Cumiana e Pinerolo.

COMUNITÀ MONTANA PINEROLESE PEDEMONTANO
10064 Pinerolo, Via Duomo, 42
Tel. 0121 77246 - 0121 795483



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